Le reazioni alla paura possono essere diverse. In natura, come gli altri animali, siamo portati a rispondere a questa emozione così importante in due modalità principali, attaccare o fuggire.
Nell’epoca in cui viviamo, già dalla mia generazione in giù, non sapevamo cosa volesse significare sentirsi in pericolo di vita a causa di una guerra, di mancanza di cibo o di un’epidemia, appunto.
Le nostre vite sono sempre state protette, così credevamo, da cose che potevamo vedere o immaginare solo altrove, in altri paesi lontani dal nostro. E invece eccoci qui, ad affrontare un’emergenza sanitaria che nessuno si aspettava.
Ma come reagiamo ai pericoli?
Il nostro cervello, elabora gli stimoli pericolosi attraverso processi che possono essere più o meno rapidi, a seconda dello stimolo che gli arriva, e, spesso senza che ce ne rendiamo conto, attiva tutta una serie di processi reattivi, così da ritrovarci nel bel mezzo di un atteggiamento comportamentale o di una sensazione fisiologica piuttosto impetuosa.
Ma le reazioni alla paura possono essere appunto diametralmente diverse, e se non ben ponderate/conosciute, entrambe potenzialmente dannose.
L’istinto di sopravvivenza è qualcosa che si è sviluppato nel corso di milioni di anni e serve a tutelarci dai pericoli, ma se non lo si conosce bene, per noi esseri “intelligenti” può condurci ad assumere comportamenti paradossalmente stupidi.
Così vediamo persone che in preda al panico, fanno piazza pulita di scorte alimentari, continuano a stare col naso all’insù a guardare notiziari praticamente H24, a non parlare di altro in modo ossessivo, ad attuare comportamenti compulsivi fino a corrodersi le mani, in questo caso.
Dall’altra parte troviamo invece coloro che fingono che vada tutto bene, che cercano riscontro nei comportamenti altrui, così da esorcizzare la paura appunto, contravvenendo purtroppo però, alle regole sanitarie ma anche del buon senso civico. Cercare rassicurazioni nel proprio simile è una delle tentate soluzioni che siamo soliti mettere in atto e, andrebbe anche bene, se fosse quella più corretta però, mentre vediamo spesso “affiliazioni” comportamentali sulla scia dell’irresponsabilità e della presunzione. Se ci raccontiamo tutti la stessa cosa allora significa che è vera, che va tutto bene, o tutto male, ma non siamo soli. Troviamo negli altri, nell’altro, una rappresentazione della nostra presunzione di verità, così da sentirci più forti.
Pensate invece se venissero adottate da tutti in modo pedissequo le regole che ci sono state comunicate dal ISS, senza stravolgere più di tanto le nostre vite, senza per questo cercare di voler controllare in ogni momento della giornata a che punto siamo con i contagi, per qualche settimana. Le buone regole non sono soltanto quelle di natura igienica, ma anche di natura psicologica, comportamentale. Se ci dessimo un appuntamento giornaliero per aggiornarci sulla situazione sanitaria, eviteremmo a noi stessi e agli altri, una serie di reazioni sconnesse con la realtà, ovvero il tentativo di voler controllare che fa invece perdere il controllo.
Cosa accadrebbe se diventassimo tutti un pò più responsabili e consapevoli?