Chi di voi non ha mai sentito parlare di Ipocondria?
Fino al 2000, il termine ipocondria veniva classificato come un disturbo in assenza di spiegazione medica, collegando quindi il problema ad una nosografia squisitamente medico/organica. Con le successive pubblicazioni dei manuali sui disturbi mentali, DSM (DSM-5, ultima versione, 2013), l’ipocondria è stata inserita come disturbo psicologico, avendo evidenti ripercussioni sull’aspetto comportamentale, cognitivo ed emotivo.
Ma avere un disturbo ipocondriaco cosa significa? Se si ha la preoccupazione di avere qualche brutta malattia non dovremmo controllarci? Se ho una familiarità con una specifica malattia, non dovrei avere maggiore attenzione al riguardo?
Cecherò di fare un pò di chiarezza:
Come prima cosa bisogna distinguere il disturbo ipocondriaco, dalla specifica paura di una malattia, ad esempio la cardiofobia per chi teme di morire di infarto.
La seconda cosa sta nel fatto che il soggetto ipocondriaco non è per forza colui o colei che si affanna nel controllarsi costantemente ed instancabilmente, ma anche esattamente chi, al contrario, evita capillarmente ogni visita medica, sia essa svolta de visu che strumentale.
C’è poi chi invece tende a non credere affatto alle riposte dei medici e degli specialisti, alle risposte date dagli esami strumentali svolti in decine di centri clinici.
In diversi studi, (Solano ed al.), si è visto come moltissime persone che si rivolgono ai medici di base ogni giorno per paura di avere qualche forma di malattia, siano in realtà persone con disturbi patofobici o ipocondriaci. Se solo avessimo la possibilità di intervenire psicologicamente su queste persone, il sistema sanitario nazionale ne guadagnerebbe in tutti gli aspetti.
Ma l’ipocondriaco è un malato immaginario? In realtà no. L’ipocondriaco, così come il patofobico, teme di avere o di essere colpito da una malattia, quindi non immagina il disagio, lo vive eccome. Come psicologi, sappiamo bene come l’assetto mentale possa sviluppare malesseri anche verosimilmente affini, se non identici, alla malattie organicamente riscontrabili.
In questi ultime mesi per esempio, in tempi di Covid-19, non è raro incontrare persone con sintomi febbrili e dispnea, pur non avendo nulla.
Ma vediamo nel dettaglio cosa dice il DSM-5:
Vi è una prima categoria denominata “Disturbo da sintomi somatici”.
- Criterio A – Sono presenti uno o più sintomi somatici che procurano disagio e portano ad alterazioni significative della vita quotidiana. E’ tipico che la persona soffra contemporaneamente di molteplici sintomi somatici, ance se a volte è presente un solo sintomo grave, più comunemente il dolore. I sintomi possono essere specifici o specifici.
- Criterio B – Gli individui con disturbo da sintomi somatici tendono ad avere livelli molto elevati di preoccupazione riguardante la malattia. Hanno pensieri, sentimenti e comportamenti eccessivi correlati ai sintomi somatici o associati a preoccupazioni relative alla salute. Per esempio:
- Pensieri sproporzionati e persistenti circa la gravità dei propri sintomi
- Un livello costantemente elevato di ansia per la salute o per i sintomi.
- Tempo ed energie eccessivi dedicati a questi sintomi o a preoccupazioni riguardanti la salute.
Vi è una seconda categoria denominata “Disturbo da ansia di malattia”.
- Criterio A – Preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia non diagnosticata.
- Criterio B – I sintomi somatici non sono presenti o, se presenti, sono di lieve intensità. Il disagio della persona proviene non tanto dal sintomo in sé, tanto dalla sua ansia per il senso, il significato o la causa del sintomo accusato. Anche se è presente una condizione medica accertata, l’ansia e la preoccupazione sperimentate sono chiaramente eccessive e sproporzionate.
- Criterio C – E’ presente un elevato livello di ansia per la salute e l’individuo si allarma facilmente riguardo al proprio stato di salute.
- Criterio D – La persona attua una serie di comportamenti eccessivi correlati alla salute. Per esempio, controlla ripetutamente il proprio corpo cercando segni di malattie di cui sospetta, cercando su internet, chiedendo a medici, amici, familiari ecc.
Come si può ben comprendere da questo estratto del DSM-5, il disturbo che porta le persone a temere le malattie è variegato e complesso. Ovviamente c’è e ci sarebbe da dire molto di più.
Ciò che però tengo a sottolineare, come psicologo e psicoterapeuta, è la condizione successiva al disturbo, che può presentare anche reazioni “lontane” da quelle attese dal disturbo stesso. Prendiamo ad esempio una persona che soffre di ansia da malattia, sta li ogni giorno a controllarsi e ricontrollarsi, non esce per paura di ammalarsi, inizia ad evitare ogni situazione sociale e lavorativa, magari evita di instaurare anche legami amorosi, e che, a forza di rinunciare e controllare questo e quello, sviluppa una tendenza ossessiva e compulsiva o anche depressiva. Perché dico questo, perché spesso ciò che viene curato è solo la facciata di un disturbo ben più strutturato, che smuove tutta una serie di comportamenti reattivi.
Tuttavia, attraverso la Psicoterapia Breve Strategica, il trattamento del disturbo è ben strutturato in un protocollo di intervento chiaro ed efficace.
La psicoterapia breve strategica infatti, lavora sugli schemi percettivi e reattivi della persona e non cerca le cause nel passato. L’efficacia della terapia si aggira attorno al 90% dei casi, con una efficienza di circa 10 incontri.
A presto.